giugullare

il viaggio per cui si parte non è mai il viaggio da cui si ritorna

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detesto gli ingegneri

Monday, January 12, 2009

fuga in sol

Splendeva luce, in silenzio mia
Mentre il mondo volava via
Vedevo il tempo lento passare
Cercavo un modo per capire

Per capirti, mentre la gabbia scendeva
Fra noi, specchio di adamo ed eva
Dividendo le vite, dentro e fuori
vento dei prati strappa petali ai fiori

passa un minuto, e passa invano
il vuoto mi parla, mi prende per mano
sto al gioco, tanto ti amo
resto solo, non sapevi chi siamo

la sera si colora di viola
mi lasci, vuoi colorarti da sola
resto fermo, mi sento distante
così il cavallo si mangiò il fante

aspetto in silenzio la proposta di Dio
il disco zoppica, sembra un addio
la candela si spegne, accesa da due lati
la cera cola su ricordi sbagliati

bacio una foto, picchio il muro
lui ride, sa già chi è il più duro
bacio una bottiglia, cercando oblio
è il modo giusto, lo trovo anch’io

trovo mille modi per ferire
mille occasioni per morire
non trovo il senso, in verità
ripeto ancora, chi vivrà vedrà

ma davvero voglio vedere?
Prendere il volo e non tornare?
La vita parla in molti modi diversi
Torno a far parte del popolo dei persi

ladre

ra nuvole rosa e nere, spiove
Il cielo intero, acceso, si muove
Accanto all’uomo lei cammina
La luce dell’alba si avvicina

L’acqua a terra guarda in alto
Non ci sarà un altro grande salto
L’acqua a terra trema un poco
L’ha sfiorata il vento, forse per gioco

Il bambino guarda serio sua madre
Affronterà chi ha portato via suo padre
Vorrebbe dirle con voce quasi dura
Che quella morte non gli fa paura

Tra nuvole spente e accese, spiove
Sotto le nuvole, quante cose nuove
L’uomo suo a lei piano si avvicina
Si schiude come un fiore la mattina

L’acqua a terra se ne sta andando
L’erba a terra sta ricrescendo
Diventerà alta, giocherà le sue carte
Nel vento sarà mare, noi le sue barche

Il bimbo fissa serio l’angolo scuro
Il suo angelo vicino lo rende sicuro
E poi, la luce è accesa poco più in la
L’aveva accesa quel qualcuno chiamato papà

Tra le nuvole e i grandi sogni, spiove
Lì, nel mezzo, nulla si muove
La mano dell’uomo stringe quella di lei
La pioggia lava ciò che non sei

Il sole splende sui campi di fuoco
Il grano già giallo, sarà d’oro tra poco
Verrà la raccolta, i forni da scaldare
Sarà nuovo pane, pronto da spezzare

Il bimbo crescerà, in ogni domani
Lei ci sarà, nel cuore e nelle mani
Resteranno paure, di notte come ladre
Nasceranno figli, lui sarà padre

la strada (sempre più lunga)

Capo chino e pugni chiusi
Passò quell’uomo
Coperto di gusci e ricordi
Mordi cane, mordi

Piegando le spalle
Passò il soldato
Lunga la strada stretta la via
Della sua malinconia

Chinando lo sguardo
Passò l'indeciso
Pieno di progetti per il futuro
E oggi niente di sicuro

passò un poeta
con grandi lenti colorate
svanì con un ultimo sorriso
potrei giurare di non averlo ucciso

passò pure un saggio
blaterando malignità su poesia
sulle emozioni, sull'anima e dio
ora è con il poeta, ve lo giuro io

passorono le emozioni
giovani ragazze fatte di luce
chiusi gli occhi con una mano
quando li riaprii, erano già lontano

fiero e Petto in fuori
Passò il dottor peccato
Poi, appena passato
Brontolò, “come, già finito?”

Passò il ricordo
foto di emozioni sotto braccio
E neanche un vestito addosso
Nudo e crudo fino all’osso

passò la menzogna
dicendo ciò che volevi sentirti dire
ognuno la seguì, ognuno a suo modo
chi finì ricco, chi al collo un nodo

non passò il rancore
eran tutti fermi li ad aspettare
giovani, vecchi, santi e cercaguai
ma è tutto inutile, lui non passa mai

Passò anche il tempo
lui si limita a passare
Passò e non diede scampo
Al grano e a chi aveva il campo

Passai anch’io
Capo chino e pugni chiusi
Ma non mi accorsi di passare
eppure non avevo niente da fare

la ballata dei tre vecchi

I tre vecchi parlano piano
sussurrano all'orecchio, vicino
i tre vecchi ti tengon per mano
hanno lo guardo perso lontano

i tre vecchi son sempre vivi
muoiono solo in fondo al bicchiere
sempre presenti a lato dei bivi
rinascono appena finisci di bere

i tre vecchi son pieni di consigli
han bisacce gonfie di ricordi sinceri
il mondo pieno di illustri figli
e le mane vuote dei soldi di ieri

i tre vecchi son storpi e malati
“fatti non foste per viver felici”
ma i loro dolori son amici fidati
con cui carezzare le tue cicatrici

il primo è alto, secco come uno stecco
lui apre la fila, non punta mai il dito
parla a tutti, non chiude mai il becco
é quello che inizia e non ha mai finito

il secondo è piccolo e pure zoppo
guarda tutti e non vede nessuno
il peso dentro è grosso, troppo
per trovar perdono in qualcuno

il terzo è cieco, ma sente tutto
parla sottovoce, per sentire se stesso
nel frastuono di un mondo falso e farabutto
che da sempre fetente prova a farlo fesso

i tre vecchi conoscono proprio tutti
di ciascuno sono amici per fargli piacere
a feste, disgrazie matrimoni e lutti
restano in fondo, senza tacere

i tre vecchi son parole
son concetti, emozioni, come vi pare
sempre presenti per chi li vuole
Rimpianto, Rimorso, l'illustre Rancore