pioveva, sulla statua. E la statua, conscia del proprio ruolo quanto un uomo del suo destino, resisteva stoica nella sua postura di speranza, sguardo rivolto al cielo e mano tesa ad abbracciare un qualche ideale di passaggio.
Non che ne passassero molti ultimamente. Sia chiaro.
Pioveva, sulla statua.
Non era un tempo per cristiani, quello; non era nemmeno un tempo per fedeli di altre religioni, o per animali. Il che lasciava il panorama piuttosto desolato, in quella piazza centrale di quella importante città.
Ma la statua, pietra piantata nella terra come un dente alla gengiva, offriva i suoi nobili lineamenti al nulla. Un'offerta va oltre chi la riceve: è un simbolo.
La statua offriva un ideale di nobiltà, fierezza, consapevolezza. Tutto attraverso i tratti. Ci sarebbe quasi dell'ironico in tutto questo, alla faccia di chi va affermando che l'apparenza non conta, che la superfice delle cose non è che l'involucro di ben più profondi segreti.
L'ideale, che la statua spargeva attorno a se con tanta generosità, volava per qualche metro, poi rotolava ancora un po più in la, fin quasi all'imbocco del viale alberato.
Poi rantolava e si fermava. Stanco e moribondo di non potersi aggrappare allo sguardo di nessuno per farsi trasportare un po più in la.
Ma alla statua, la strada che l'ideale poteva (o non poteva) fare interessava ben poco. Lei era ferma, conficcata li da quando era nata, per lei il movimento era inutile, così come lo era l'azione.
Tutte grandi balle, pensava fra se e se nelle lunghe ore di silenzio in cui i piccioni ritoccavano con "spruzzi di colore" i suoi lineamenti.
Chi avrebbe potuto darle torto?
Chiunque di noi, nato nella pietra, avrebbe difeso l'immobilità come la più grande espressione di umanità, ciò che realmente ci differenzia dagli animali. Da un essere in grado di creare la politica ci si può aspettare di tutto, ricordate.
Tornando alla statua (e alla pioggia), quella sera lei era abbastanza sorpresa. Anche un po scocciata, se vogliamo dirla tutta. C'era stato quel botto che l'aveva colpita, quel colpo, e lei ora si trovava inclinata. le lamiere dell'auto poco più in la.
Lei.
Lei che era nata per stare eretta, per indicare una via che non avrebbe mai percorso, era vergognosamente inclinata. Fuori rotta. La cosa più grave, poi, era che con quella pioggia nessuno si era ancora fatto vedere per sistemare l'ordine naturale delle cose.
Seccante.
La statua impostò il suo severo cipiglio ad un livello di serietà ancora più alto per criticare quell'indecenza.
In passato era già successo che qualcuno venisse a turbare il suo perfetto equilibrio. Alcuni vandali una volta le avevano staccato il naso con una pallonata; un'altra volta una scimmia vestita da uomo si era arrampicata sul suo braccio teso, spaccandolo.
Cose che capitano quando si ha a che fare con esseri che fanno del movimento la loro ragione di vita: lei lo aveva accettato. Se entri in un parco giochi pieno di bambini quando è appena piovuto è facile che tu ne esca infangato.
Quello che non le andava giù era che stavolta nessuno era venuto a vederla, nessuno era venuto a valutare la situazione. figuriamoci porvi rimedio.
Ed erano passati già due giorni abbondanti.
Va bene la pazienza, va bene la pioggia, va bene tutto...ma entro certi limiti.
La statua valutò la situazione (era bravissima nel valuare, non aveva fatto altro nella vita ed aveva scoperto che finchè alla valutazione non seguiva la verifica pratica, ogni valutazione era perfetta) e notò con netto disappunto che questa incuria, e soprattutto quella inclinazione, l'avrebbero presto fatta cadere.
Lei.
La statua degli ideali.
A terra.
Imperdonabile.
La piazza era vuota, non una sola anima. Anche le strade attorno erano vuote, in più era notte e tutte le finestre erano buie.
La statua sbuffò una volta mentalmente. Due. Tre.
Al quarto sbuffo arrivò alla decisione. Con un movimento fluido scese a terra, tra le macerie, raddrizzò la base di marmo del monumento e risalì.
Finalmente dritta.
Pronta di nuovo a dare il suo messaggio di valori a chiunque la vedesse.
Ara anche contenta, la statua, perchè muovendosi si era scrollata di dosso quella squallida cenere che continuava a piovere, da due giorni. Dal botto.
Adesso doveva solo più arrivare la gente, gli spettatori, e tutto sarebbe tornato come prima.
Pioveva, sulla statua. Pioveva cenere mentre nel cielo splendevano funghi di fuoco.
Nessuno sulla piazza.
Nessuno nelle strade attorno, nessuna luce nelle case.
Non era tempo per cristiani quello, non era tempo per uomini o animali.
Non più.