giugullare

il viaggio per cui si parte non è mai il viaggio da cui si ritorna

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detesto gli ingegneri

Monday, March 24, 2014

il mio foglio bianco


Un foglio bianco, un foglio bianco.
Un foglio bianco.
Non riuscivo a ripetermi altro mentre il tempo mi scivolava tra le dita come qualcosa di viscido.
Un foglio bianco.

“Diavolo!”
le mani a pugno. Il pugno contro le cosce. Poi contro le tempie.
Il foglio restava bianco.

“diavolo. Maledizione! Diavolo!”
la paura iniziava a salire. Mi stringeva lo stomaco come se fosse una mosca presa al volo. Dita grandi, possenti. Fredde.

Più piccola. Impercettibilmente più piccola.


Dallo stomaco passava alle gambe e alle spalle. Come un'onda si propagava partendo dal mio centro ed arrivando ad infilarsi fin dentro i denti, sotto la lingua.

“Che schifo quando gli stereotipi sono il modo migliore per descrivere qualcosa.” quella voce, quel pensiero, quella parte di me. Era li anche in quel momento.
Intendiamoci, c'è sempre stata, è sempre stata una spettatrice senza anima in tutta la mia vita ma...non in quel momento.

“questo momento? Bel momento, non sai nemmeno dire qualcosa. Non fai nulla, come tuo solito”
la sua voce, del tutto mia e intima, occupava uno spazio ben preciso nella mia testa, un angolo tutto suo, come un ragno su una parete, come una vecchia paralitica su una sedia a dondolo consumata, e da quell'angolo sputava le sue sentenze.

Piccola. Sfocata? Si, si poteva dire che i contorni si stavano sfocando.
Dio, no! Non ci posso credere, già sfoca?!. Cambierà qualcosa. Succederà qualcosa.

“certo! Tu stai buono e aspetta. Bue.”
“ti prego. Abbi la dignità di smettere-”
La dignità? Io? Abbi la dignità tu di far qualcosa!”
ero fermo. Immobile. E restai fermo. Immobile.
“vedi? Mollusco”
“non si tratta di essere mollusco. Si tratta di mille cose, mille particolari sbagliati. Mille errori che si riflettono come vetro rotto sotto il sole.”
“e ti accecano, povero piccolo?”
no, non è che mi accecano e che-”
“che anche stavolta resti fermo. Mi domando perchè viviamo, sai? Non sei in grado di vivere. O meglio, sei bravissimo a vivere. Come una pianta.- la voce dentro di me era densa di disprezzo- ma se si tratta di vivere come un uomo, bhe, fai schifo”

la sfocatura era netta. I contorni si mischiavano e tutto era più piccolo. Più distante. Non potevo crederci. Stava davvero succedendo.

Lacrime. Da solo mi riusciva facile piangere. Scendevano giù come paesani verso la piazza in festa.
Lacrime silenziose, lacrime inutili e così struggenti.
Ma il foglio restava bianco.


I pugni si aprirono, sulle tempie. Le dita sgusciarono fuori per arpionarsi saldamente ai lati della testa, indecise se spaccarla o se tenerla insieme.
“per una volta. Per una volta. Sii uomo, non essere stupido.- la voce adesso era supplicante. I contorni erano così sfocati. Ti amo. Ti amo...

“AGISCI IDIOTA!”

Per lunghi, lunghissimi istanti non respirai nemmeno. Interi futuri mi passarono innanzi con suoni di sorrisi, profumi della sua pelle. Abbracci e figli che mi avrebbero chiamato con nomi buffi scoppiando a ridere.

La paura divenne dolore. Fisico. Feroce. Mordeva ogni centimetro della mia pelle in modo così atroce da farmi vergognare di indossarla. Il rimpianto già stava germogliando, nutrendosi di quell'immagine sempre più sfocata.
“devo farlo, devo fare qualcosa prima che sia troppo tardi”
Troppo tardi. Nel mondo reale, fuori della mia testa, questo concetto era crudele come un assassino.
Era la prima volta che percepivo il “troppo tardi”

“se non agisci ora non potrai più farlo. La perderai”
Se non agisco ora non potrò più farlo. La perderò.

Tutta la forza dei ricordi più belli. Della meraviglia del suo sguardo. Delle sue parole sussurrate solo per me. L'immensa, maestosa semplicità dei suoi progetti insieme. L'idea di perderla e di non poterla più avere con me nell'unica vita su questo mondo. Tutto mi travolse come un fiume nascosto dietro una porta.
L'intero mio essere era scomposto e rimescolato da quella forza viva.

L'intero.

Mio.

Essere.

Il foglio restò bianco.
L'immagine nei miei occhi divenne piccola fino a svanire. Il ricordo sfocò.
Venne sostituito dall'immaginazione finchè anche quella non bastò più per colmare i vuoti nella memoria.
Quando mi resi conto che ormai tutto quello che avevo di lei era solo più fantasia, era passato tanto tempo.

E io, uomo fatto di polvere, mi persi in un vento di rimpianti, mentre in quello stesso vento svolazzava, inutile, un foglio ancora bianco.