giugullare

il viaggio per cui si parte non è mai il viaggio da cui si ritorna

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detesto gli ingegneri

Thursday, August 21, 2008

infine, cadde la neve

“Piove. Maledizione, piove sempre.
Non son fatto per questa guerra.”

Qualcosa di molto simile ad un sospiro uscì dalla bocca del soldato, che appoggiò la testa contro il vetro del finestrino in un gesto di sconforto molto umano e molto poco militaresco.
I suoi occhi, acutissimi, sbattevano come mosche contro una lampadina, schiantandosi nella perenne coltre di nebbia che vestiva il paesaggio, la fuori, come lanuggine su un pavimento.

“Piove. E fa già freddo adesso: figuriamoci dove dobbiamo andare.”

Il treno, parte di un immenso, disperato convoglio dell'ultima ora, stava trasportando con l'inutile urgenza degli sconfitti, tutte le truppe che restavano a quell'esercito sul fronte Nord, dove il nemico stava macinando successi e cadaveri con la stessa velocità.

IL soldato appoggiato al vetro era partito dai deserti, la sua vera casa, il suo mondo, era stato imballato insieme alle sue certezze ed a migliaia di altri disperati ed era stato messo su quel treno.
“su questa maledetta supposta diretta verso il culo del mondo:- si trovò ad esclamare il soldato- non è giusto, non funziona nemmeno un po'!”
La sua protesta tentava inutilmente di schiantarsi contro gli occhi dei suoi commilitoni,come qualunque onda non ha speranza di schiantarsi contro il mare. Tutti, il quel treno e negli altri, pensavano le stesse cose. E tremavano dello stesso freddo.

“sabbia – notò il soldato guardandosi tra le pieghe delle dita- casa.” Lo sguardo accarezzò quasi commosso quei pochi granelli di roccia, rapiti come lui al deserto. Li coccolò come i figli che non avrebbe mai avuto. Poi rabbrividì, e lo sguardo, inevitabilmente, fuggì di nuovo oltre il finestrino.
Gli alberi erano passati dal verde, al marrone, ed ora erano neri, gonfi di acqua. Spogli.

“E'tutto sbagliato, non sono fatto per questo, non possono chiedermi questo”. Questo pensiero lo mordeva con l'intensità di un cane rabbioso, come uno sciame di api. Non riusciva a pensare ad altro per più di qualche secondo.

“Moriremo tutti” La frase, detta sottovoce da qualche altra bocca nel vagone, si incuneò sottopelle come una scheggia arrugginita. Ogni occhio la ripetè, la fece rimbalzare negli occhi di qualcun altro finchè non divenne un possente, silenzioso urlo di disperazione.
Qualcuno una volta ha detto rabbia e disperazione son sorelle inseparabili, dov'è una, è anche l'altra...e come sempre, la realtà ignorante e illetterata finge di non conoscere i detti: tra quella gente non vi era traccia di rabbia. Quegli esseri non facevano i soldati, erano soldati: e un soldato esiste finchè esistono ordini da eseguire. Poi è il caos.

“Loro avrebbero eseguito anche quell'ordine. E quelli dopo- pensò con struggente tristezza il soldato- loro si sarebbero buttati contro Il Nemico nella neve, nel suo elemento. Si sarebbero fatti schiantare da un clima a cui non appartenevano, da un nemico che, paradossalmente, era la loro unica ragione di vita.”

E di morte.

Ancora un sospiro gocciolò dal soldato, mentre la pioggia diventava grassa, pesante, spessa.
Cadeva più lentamente, sembrava appiccicarsi alle cose come qualcosa di maligno.

Ancora un sospiro, mentre il treno continuava la sua corsa a Nord, e la pioggia diventava neve.



ESTRATTO DALLE CRONACHE DELLA PRIMA GUERRA POST-CIBERNETICA
Enciclopedia storica del quarto millenio.
Volume settimo.
“...l'ultima mossa della coalizione degli stati petroliferi fu dettata più dal panico che da una reale strategia di guerra. Incapaci di reggere l'ormai soverchiante offensiva nemica a nord, i vertici di guerra decisero di spostare tutte le loro truppe androidi predisposte per il combattimento nel clima desertico sul fronte norvegese. Gli androidi H.t. (alte temperature) non erano minimamente equipaggiati per poter fronteggiare, prima ancora dell'esercito avversario, le rigidissime condizioni climatiche. Questa mossa portò all'annientamento di un contingente di oltre 37.000 androidi soldato in sole due settimane di “battaglia” e segnò la definitiva fine del conflitto bellico.

Il primo combattuto da soldati non umani.
Storica la frase con cui lo sconfitto presidente Rabu commentò quell'ultima disfatta: “Erano androidi, non uomini. Se arriva la piena e non ho sacchi di sabbia, non chiedo alle pietre il loro parere prima di usarle per tentare di arginarla.”


Infine, a lente, bianche, incuranti falde, cadde la neve.