giugullare

il viaggio per cui si parte non è mai il viaggio da cui si ritorna

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detesto gli ingegneri

Friday, September 30, 2011

frammento 6: aspettando il miracolo

La scura aspettava un miracolo. il che, per un uomo della sua stazza, accadeva ogni volta che miracolosamente riusciva a saziarsi.

Andiam per gradi.
La scura era un uomo. Lo chiamavano la scura quelli che lo conoscevano a sufficenza da sapere cos'era successo quella sera, in quel posto, con quelle persone, a colpi di guinness.

La scura era un uomo grosso. enorme nella sua fisicità quanto minuto in tutto ciò che la escludeva.
E questo ci porta al fulcro di questa storia: ovvero il fatto che la scura stesse chiedendo con tutto se stesso, spingendo più in alto l'anima con gli stessi addominali con cui normalmente spingeva verso il basso altro, un miracolo.

La cosa bella era questa: lui non aveva la più pallida idea di cosa volesse (miracolosamente). Sapeva, percepiva nettamente che qualcosa non andava. La sua vita si era spostata leggermente, impercettibilmente, da quella che doveva essere la strada maestra, mentre lui dormiva.
Quello che giorno dopo giorno aveva fatto, detto, magiato, digerito, giorno dopo giorno era diventato meno suo, meno interessante, meno piacevole.

La scura, avesse avuto un senso per la metafora che ovviamente non aveva, avrebbe descritto questo crescente disagio come un luogo che lentamente da più soddisfazione nei ricordi che nella realtà. Non potendosi beare del potere lenitivo dell'intelletto fine a se stesso, la scura invece risolveva la questione massaggiandosi sempre più spesso la pancia con una delle enormi mani.

Prima di criticare un gesto così fisico nella sua inutilità, non dimentichiamoci che vi avessi detto che ascoltava il suo terzo chakra ponendoci il palmo sopra avreste preso lo stesso identico gesto con molta più serietà.
Ma la scura di chakra non ne sapeva nulla. La pancia era la pancia. e la mano se aveva un palmo non glielo aveva mai fatto pesare. Quindi andava bene così.

Restava solo il fatto che massaggiare pance e chakra nascosti non lo sollevava nemmeno un po. Anzi. i giorni passavano e quel disagio, quel ronzante malessere anzichè diminuire aumentava fin quasi a parlargli.
"azzo fai?" Gli suggeriva negli attimi di noia.
"azzo vai?" Gli domandava nei lunghi istanti di silenzio in cui il mondo sembrava staccarsi come pelle morta dal suo fisico e ciondolare fino a terra in modo del tutto inutile.

La scura, pur non essendo nemmeno candidato a votarsi come intelligente, non era del tutto convinto che fosse normale che un dolore gli facesse domande.
Che un fastidio gli ponesse dubbi esistenziali.

La carne, i muscoli, le ossa non pongono dubbi. Impongono sempre un regime di certezze. vivono e operano nell'universo della materia dove tutto è binario.
O si o no.
O asciutto o bagnato.
O molle o duro.
Il vantaggio degli universi binari e che impongono le scelte, anzichè proporle, quindi, fondamentalmente, privano la persona del peso di decidere di scegliere.
ti ci trovi dentro e scegli. tra due strade, non tra mille.
Due strade nettamente diverse, sia chiaro.

Ecco, la scura era fatto per vivere li dentro, beatamente.
Invece, quel disservizio dell'anima, quella scorrettezza della mente, lentamente si erano imposti alterando la dualità. Sfumandola, Sfocandola. Aprendo sentieri dove prima c'erano solo i lati delle due strade, mettendo intere foreste e montagne e palazzi pieni di gente sconosciuta a coprire l'orizzonte.
E che cazzo.
Gran bel casino.
Il disagio e il relativo dolore, che si agitavano nella sua testa come un falegname al lavoro, man mano che prendevano fiducia in se stessi aumentavano la loro capacità espressiva arrivando a concepire frasi sempre più complesse per autocelebrarsi.
"ma. tu. sei. felice (azzo)?"
"ma. tu. stai. sprecando. la. tua. vita (azzo)?"
"ma. davvero. è. tutto. qui. Azzo?!"
Queste nuove sfumature nelle domande che si agitavano dentro la scura ci fanno capire due cose: Solo gli esseri femminili sono in grado di iniziare puntualmente una domanda con il "ma", quindi il disagio si era trasformato in una depressione e il dolore in una sofferenza.
La seconda cosa che la scura stava capendo era che, se c'era anche solo traccia di femmine nel problema, il problema era più grande.

Urgeva una soluzione.

La scura si buttò con tutto il peso del suo vigore in quello che stava facendo in quel momento, in quello che aveva fatto fino ad allora: dove aveva bevuto uno, ora beveva dieci; dove aveva riso forte, ora gridava il suo riso al mondo.

Nulla di risolto.

Urgeva un cambiamento.

La scura si buttò alle spalle tutto ciò che aveva fatto, detto, riso fino a quel momento e si immerse come il migliore dei cinghiali nel succoso fango della scoperta a tutti i costi. Provò cose che non gli appartenevano del tutto, cose che non gli appartenevano affatto.
 Provò cose che appartenevano ad altri e si fermò solo un attimo prima di provare cose che non appartenevano a nessuno.

Le voci restarono.

Urgeva una pausa.

La scura smise di buttarsi. smise ogni cosa. provò a smettere anche se stesso solo per scoprire che certe cose che hai indossato come vestiti in realtà non vengono più via.
con suo netto disappunto scoprì anche che per quanto grosso era, non riusciva a fermare i pensieri.

le voci salirono di tono.

Non resta che una cosa.
Urgeva un miracolo.

Uno qualunque. Diavolo, un miracolo è un miracolo, mica bisogna dargli le istruzioni.
Una voce da qualche parte gli sussurrò che aspettare un miracolo che ti raddrizzi la vita prima che tu muoia è come uno yogurt che apetta qualcuno che se lo mangi prima di scadere.


ah, a proposito, se ti sembra che sia proprio giusto che uno yogurt aspetti quello, ricordati che è uno yogurt.
tu forse sei una persona.

frammento 5: orari di chiusura

Non ci potevo credere: mi aveva sbattuto fuori!
"fottuto bastardo" dissi alla porta chiusa, al legno che la componeva, all'albero che era stato, e alla noce figlia di buona donna che ancora prima si era messa in testa di metter giù radici.
La mia bocca mi seguì come meglio poteva in quella sentenza, anche se quello che uscì dopo essere passato al vaglio della lingua fu più o meno "ffffftutobstdooo".
Ok ero un po ubriaco.
Azzo me ne fregava di quello che era uscito, per quello che poteva capire una fottuta porta.
"orario di chiusura. smamma" e bum, come l'ultimo dei deficenti mi ero trovato per strada.
Fissai ancora la porta con aria truce. Lei mi fissò di rimando, immobile.
Io la fissai ancora. poi provai ad alzarmi con tutta la dignità di un uomo con la mia dignità.
Orario di chiusura.
bha. "ecco bravo, bravissimo. fffregatene dei miei problemi. Ma i miei ffffottuti soldi ti sono piasciuti, bssstardo!" bene. il mio orgoglio poteva essere fiero. o qualcosa del genere.
Così partii a piangere.
Lunghe, copiose, merdose lacrime mi sprizzavano dagli occhi come fuochi d'artificio dietro un condominio. "merda. merdissima"
sia chiaro, vi sto raccontando tutto questo non per frignare. son morto quindi non me ne frega più tanto.
ma, buondio, qualcuno deve capire che non e' mica giusto quello che mi è capitato!

Dov'ero? Lacrime! si, lacrime. suona bene. Ad un fracco di uomini non piace piangere, e poi gli viene il cancro alle palle. Bhe, a me non sarebbe venuto (tra parentesi, vaffanculo, non ho avuto il tempo di darmi torto su questo. chiusa parentesi) perchè io piangevo, tutte le volte che mi sembrava sufficentemente meschino farlo.
Succedeva più o meno così: iniziavo a immaginarmi in terza persona, con un impermeabile stile bogard, una musica stile "none of us are free", la scena scivolava lentamente nel bianco e nero e le lacrime arrivavano.
Cazzo. che bel copione.
Stasera mi sembrava la serata giusta per quel film.
Lei mi aveva lasciato. la mia anima gemella. e avevo pure perso il lavoro.
no, scherzo, non è vero. Nemmeno del lavoro.
niente di così serio.

Avevo solo visto un angelo. Giuro.
E quel gran bastardo aveva detto che stasera sarei morto.

Vaffanculo.
son pure ateo.

Thursday, September 29, 2011

frammento 1

Mi pareva strano cercare fari su quella strada, nessuno la percorreva con la pioggia.
Figuriamoci quando si accompagnava alla notte.
Strada stretta, contorta. Fatta a metà per arrivare da qualche parte, e a metà per perdersi nel frattempo. Nessun faro.
Andiam bene.
Un passo. Un altro. La pioggia continuava con la sua ostinata logica a cadere. La cosa che mi lasciava perplesso era che, teoricamente, non sarebbe potuto succedere.
Il che, come quella strada di merda, non mi portava da nessuna parte. Qualunque direzione prendessero i miei pensieri, se partivano da quel presupposto, erano condannati a perdersi.
Quindi mi limitavo a camminare.
Le scarpe lasciavano l’asfalto con il rumore di una ventosa. La pioggia frignava conme un gattino impaurito.
Di luci nessuna traccia. Altri passi.
Altra pioggia. Che palle.

Almeno avesse lavato via il sangue.

closing time

"I loved you for your beauty
but that doesn't make a fool of me:
you were in it for your beauty too
and I loved you for your body
there's a voice that sounds like God to me
declaring, declaring, declaring that your body's really you
And I loved you when our love was blessed
and I love you now there's nothing left
but sorrow and a sense of overtime
and I missed you since the place got wrecked
And I just don't care what happens next
looks like freedom but it feels like death
it's something in between, I guess
it's closing time"

leonard cohen