Io, Lei e L'altro
Mi sono accorto che c'era appena entrato nella stanza, sapete.
E' stato istantaneo. Mi sono voltato di scatto, cercando di trattenere la porta che si stava chiudendo, tagliando fuori la luce del corridoio come un'eclissi, ma non c'è l'ho fatta.
La stanza è piombata nel buio con il click della serratura, e il mondo era fuori.
E' stato istantaneo. Mi sono voltato di scatto, cercando di trattenere la porta che si stava chiudendo, tagliando fuori la luce del corridoio come un'eclissi, ma non c'è l'ho fatta.
La stanza è piombata nel buio con il click della serratura, e il mondo era fuori.
Ero rimasto li, impietrito, ghiacciato, a pochi centimentri dalla porta, a pochi centimetri dall'interruttore della luce, ma il mio intero corpo cercava di nascondersi dietro la mia anima. Non riuscivo a muovere un muscolo.
Sapevo dov'era l'interruttore, dannazione: lo sapevo e sapevo che era a pochi centimetri da me. Ma c'era il buio tra me e lui, io avrei dovuto tuffare la mia mano in quel mare nero allontanandola dal resto del corpo, cercando a tentoni sul muro, rischiando di toccare-incontrare "qualcosa" che non era l'interruttore; qualcosa che era Lei.
Rabbrividii. No, non potevo farcela, meglio restare immobile per l'eternità.
Magari lei sarebbe andata via.
Invece Lei sospirò: un breve, veloce soffio che arrivò alle mie orecchie mortificato, come un venditore che ha sbagliato indirizzo. Un rumore leggero, che alla luce avrei sicuramente riconosciuto come uno sbuffo del condizionatore troppo vecchio per non avere problemi di gola, ma...non ero alla luce.
Ero immero nella pece.
I miei occhi erano aperti, e li sentivo ruotare inutilmente nell'oscurità: sembravano pesci impazziti in una rete che lentamente viene tirata a galla. Pesci senza speranza.
Lei era li.
Per un attimo mi domandai come sarebbe stato; cosa avrei provato: dolore, agonia, nulla? Scossi la testa con vigore: dovevo ritrovare la calma, la lucidità.
Brutta cosa la paura. Prende alla gola, alla bocca dello stomaco, all'inguine, e si attorciglia attorno alle gambe come un gatto sporco attorno al vestito nuovo. Potevo quasi vedere i suoi peli che restavano appiccicati al tessuto della mia mente.
Scossi ancora la testa, stringendo i pugni. Di solito, stringere i pugni mi da coraggio, sapete? Una volta, quando ero giovane- secoli fa- ho colpito uno in faccia. Un solo pugno, per reazione- non sono mai stato un violento, sia chiaro- e, beh, l'ho steso. Un colpo, uno solo, ed è crollato a terra svenuto.
Un buon sinistro, davvero.
Da allora stringere i pugni nei momenti di crisi mi ha sempre dato una nuova forza, quasi come se in quel modo aprissi la porta ad un Altro. Un Altro sicuro, forte, deciso.
Un Altro con le palle.
Ma Altro stavolta non arrivava. Sentivo solo le mie dita maledettamente sudate che si abbracciavano tra loro come delle ragazzine terrorizzate.
Dovevo fare qualcosa, dovevo calmarmi.
"Respira profondamente."
Quasi sorrisi. Era ancora dietro la porta, nel profondo, ma Altro stava arrivando.
Respirai. Il primo respiro usci dalla mia bocca come un treno dalla galleria, con un frastuono tale che anche se Lei fosse stata a miliardi di kilometri di distanza avrebbe sentito. E lei era li, a pochi passi da me, nel buio.
Mi ghiacciai, smettendo addirittura di respirare. Restando in attesa dell'attimo in cui Lei avrebbe fatto ciò che sapeva fare meglio. "e' tutto così meledettamente buio"- pensai quasi piangendo.
"Ragiona.
Se Lei fosse qui ti avrebbe già preso.
No?"
Bravo, Altro! Parlami, parlami, ti prego. Dimmi che è tutto un sogno.
"Non è un sogno. Non è proprio niente di niente.
Adesso rilassati e ascoltami. Apri gli occhi."
Aprii gli occhi quasi di scatto, come due tagliole: nel buio non mi ero neanche accorto di averli serrati. Li aprii, ma la situazione non cambiò di molto.
"Li ho aperti, e adesso?"
"Adesso guardati attorno. Non è completamente buio. Cerca la spia del registratore, quello rotto che non hai mai tempo di far riparare. Cerca il lampeggiare della sveglia. Questa è casa tua, trova le cose famigliari....ah, un'altra cosa: riprendi a respirare."
"si, sisisi, certo, grazie Altro, non ci fossi tu!" L'aria rientrò nei miei polmoni come un parente rimasto via troppo a lungo. Aguzzai la vista dietro i miei occhiali da talpa- non ero più quello di vent'anni prima- e iniziai a ridisegnare il contorno della mia casa, attraverso quelle stelle polari che brillavano tra i miei elettrodomestici.
Registratore..eccolo! Luce blu. Laggiù, sulla destra.
Quasi per magia, il buio sulla parete dov'era il registratore sembrò rischiararsi un pochino, ritirandosi quasi come una lumaca impaurita. E quella parete ridivenne mia.
Sveglia. Sveglia sveglia, dovrebbe essere sulla sinistra del registratore...eccola la.
E due.
Man mano che riconoscevo quelle luci ammiccanti, ricostruivo la camera come un puzzle per bambini: un timido sorriso si affacciò sulle mie labbra. Altro ghignava soddisfatto.
Quello è il televisore.
Mmm, ecco là il telefono da tavolo.
Sentivo il sangue che ricominciava a fluire con una certa professionalità nelle mie vene.
Il lettore dvd. Il caricabatterie del cellulare. Lo zampirone, l'interruttore del condizionatore. Bene!
La camera stava decisamente acquistando le giuste proporzioni nella mia mente.
Lo stereo, mmm, lo stereo.
Aguzzai un po di più la vista. Lo stereo avrebbe dovuto essere in fondo, tra il condizionatore e il dvd. Avanti, dov'è la tua luc-
Emisi un gemito. Le ginocchia stavano per cedermi: se non ci fosse stato Altro, pronto a sostenermi, sarei svenuto sul pavimento. Sentii la fronte imperlarsi di sudore freddo con una tale velocità che quasi le gocce schizzarono fuori.
Sentivo la voce di Altro che parlava, che cercava di calmarmi, ma dentro di me saliva un urlo enorme, doloroso e assoluto. Lei era là, tra la mia vista e la luce dello stereo.
Potevo vederla, semi accovacciata, informe eppure al contempo così "chiara" con le sue braccia quasi appoggiate a terra: come un centometrista pronto allo scatto.
Sentii il cuore perdere il tempo delle battute, quasi si fosse inciampato e stesse accorciando il passo per riprendere l'equlibrio.
A quel punto capii, dunque sarebbe stata così: Un attacco di cuore di un vecchio decrepito.
Sarebbe andata così, alla fine.
Sarebbe andata così, alla fine.
Guardai Lei con un minimo di dignità. La fissai nella sua stessa oscurità, aspettando che, infine, arrivasse.
"--la sento!"
"Già la sento!"
Altro continuava a gridarmi nelle orecchie. Io, acquistata la calma della rassegnazione, tornai a concentrami sulle sue grida, più che altro per farlo smettere. Ormai era finita.
"gialasentooo!"
"Calmati, Altro. é tutto a posto."
"GIALASENTOOOOO, IDIOTA!"
"la sento anch'io, non importa. grazie di tutto, Altro. Grazie davvero."
"GIALAVENTOOOO, DEFICIENTE: GUARDA MEGLIO, RAZZA DI STUPIDO VECCHIO RINCOGLIONITO!"
"eh? cosa devo guardare meglio?"
"GIACCAVENTO, RIMBAMBITO! E' SOLO LA TUA FOTTUTISSIMA GIACCAVENTO SU UNA SEDIA. E ADESSO VEDI DI CALMARE QUEL CAZZO DI CUORE PRIMA CHE FACCIA VENIRE UN COLPO AD ENTRAMBI!"
Giaccavento? Quale giacc-occazzo!
Guardai meglio, strinsi gli occhi fin quasi a spremerli fuori dalle orbite come due limoni ormai secchi, e finalmente vidi. La mia vecchia giaccavento, appoggiata allo schienale della mia poltrona, tra me e lo stereo.
Il cuore mi mandò affanculo per lo spavento che gli avevo fatto prendere.
Altro mi mando affanculo e basta.
Il sudore freddo continuava a stazionare sulla mia fronte- si era goduto tutto lo spettacolo e non voleva ancora lasciare la sala- ma il peggio era passato.
Sentii la brava, vecchia macchinetta nel mio petto riprendere il giusto ritmo e ricominciare a tamburellare sonnolenta. Sentii i miei muscoli rilassarsi, distendersi mentre le dita delle mie mani si schiudevano timidamente. Sentii anche Altro che, ancora bestemmiante, si ritirava nei "suoi alloggi" svanendo dentro di me. (e sbattendosi la porta alle spalle).
Respirai profondamente, mentre un sorriso vergognato sbocciava tra le rughe della mia faccia.
Ottantaquattro anni. Ottantaquattro anni e ti fai fregare dalla tua giaccavento.
Il sorrio si allargò sul volto accumulando rughe ai lati come uno spartineve.
Allungai la mano senza nemmeno voltarmi verso l'interruttore e accesi anche quella sera la luce.
O meglio: allungai la mano e tastai il muro in cerca dell'interruttore, ma le mie dita non trovarono la liscia plastica del pultante.
Toccarono invece qualcosa di ruvido, umido e freddo; toccarono qualcosa di Lei.
E mentre sentivo Altro correre disperatamente per tornare indietro, a salvarmi, lei mi fu addosso.
In un attimo.
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